14 agosto 2004.

10 di mattina. Ufficio. Fuori diluvia. Il cielo si è fatto nerissimo in fretta. Altrettanto in fretta smetterà.

Solo che oggi per la prima volta ho usato il motorino. Forse per quello si è messo a piovere. Non lo usavo da quando avevo 18 anni, e facevo la postina. Qui le auto sono tutte 4x4, pesantissime, e non ho voglia di usarle in città, con queste strade piene di buche, questo traffico lento, incasinato, solo per andare a fare la spesa, o colazione in un bar del centro.

Qui vivo in un verde intenso, un po' come lo sfondo di questa pagina. Mi ci sto abituando. Nel senso che farei fatica a venirne via.

Come dice il mio terapeuta bioenergetico, il verde nutre il fegato. Per questo ne ho bisogno. In effetti, mi sembra proprio un nutrimento, nel senso più vitale del termine. Ovvero, che non puoi farne a meno, pena la morte. Non si può vivere senza cibo, e questo verde mi nutre. Non lo sto solo respirando. Lo sto mangiando. Mi sto riempiendo di verde lo stomaco, l'intestino. E poco a poco il sangue. E con lui il cuore. Cuore pieno di verde. E' più felice.  Più intenso. Lo sento battere di più!

Mi sono tuffata nelle regioni del sud. Più vicine all'equatore che al tropico del cancro. Piogge sempre più intense. Verde sempre più intenso. Alberi infiniti. Madre terra. Natura vincitrice.

Tutto il resto passa in secondo piano. Sembra non interessarmi più. Come se si chiedesse a un bambino cosa preferisce tra una poppata di latte o un film alla tv!  Si può vivere senza cinema, non senza alberi.

Sembra scontato, ma credo che dalle nostre parti ce lo scordiamo. Ci stiamo abituando a pensare/credere che tutto il resto possa essere supplettivo, addirittura più importante. Cinema, arte, internet, elettrodomestici, auto, gps, autostrade,... Tutto ha preso il sopravvento. Ne sono dipendente ormai, è vero. Sono nata in una città. Amo la possibilità di essere connessa, poter leggere gli amici via mail, eccetera. Eppure sono consapevole che il verde mi dà la vita, il computer no. Non potrei staccarmi dalla tecnologia, ma so che è un bisogno indotto, non reale.

A cosa serve questa elucubrazione? bah, se non altro "a ricordarci che dovremmo ricordarci" del verde. Che dovremmo amarlo di più. Rispettarlo di più. Lasciarlo vivere di più. Ma da noi questo non avviene. Tra un allargamento dell'autostrada e un ponte per il treno superveloce, mi chiedo cosa rimanga ai nostri posteri. I bambini non hanno più alberi su cui arrampicarsi. E la nostra società è sempre più schizzata, aggressiva, maleducata. Secondo me le due cose sono direttamente proporzionali.

Se queste regioni del sud sono ancora così belle, è solo perché "lo sviluppo" ancora non è arrivato. La densità della popolazione è altissima. La gente vive in capanne che hanno un impatto ambientale ben esiguo. Certo, l'impatto dell'uomo c'è comunque. Se non ci fosse tanta gente a coltivare, qui sarebbe tutta una foresta. Ma quando arriverà "lo sviluppo", quando tutta questa gente avrà case come le nostre, con l'elettricità, il telefono, i rubinetti, e quando tutti avranno la macchina anziché bici e motorette,... cosa rimarrà di questa bellezza? quando ci saranno palazzi a 5 piani, anche questi alberi scompariranno. La loro maestosità sarà cancellata.

Tutti hanno diritto a migliorare la propria vita come vogliono. Certo.  Ma ...il famoso "limite" ? quello per cui ha dato la vita Alex Langer? quello che ci imporrebbe di pensare ai diritti del futuro...? Come possiamo capire cosa è vitale e cosa no?

Penso a un documentario visto in Francia a giugno. Parlava del problema delle risorse energetiche in Cina. Di come la Cooperazione tedesca aiuta per portare energie pulite e rinnovabili diverse, nelle diverse e sperdute regioni di quella terra immensa. Energia dall'acqua nelle montagne del Tibet. Energia eolica negli altopiani, energia solare altrove... E così il villaggio prima quasi medievale, cambia vita. Chi vuole studiare la sera può accendere la luce. Il panettiere può lavorare col forno elettrico. Il falegname ha le seghe elettriche. C'è persino un'audace signora che ha messo su un laboratorio per la produzione della pasta: con macchine elettriche. Tutti sono più contenti. Fanno meno fatica e guadagnano di più. Già: guadagnano di più. Qualcuno si può permettere la tv col satellite, e "scegliere il canale che preferisce". Eccoci arrivati. Ora tutta la famiglia se ne sta in casa, anziché uscire al villaggio come faceva prima. E così ora tutti possono vedere tutto. "Liberi di scegliere". Per un mondo che vuole essere democratico, non fa una piega. Mi dispiace solo pensare agli effetti collaterali. Ora le tette e le chiappe delle nostre veline arriveranno anche tra le steppe mongoliche e i monasteri tibetitani. Presto qualcuno comprerà la versione locale del Grande fratello. La globalizzazione ha vinto. Con tutta la sua sottocultura.

Attraverso questi villaggi e vedo gente che è sempre fuori. Ti sembra di essere in mezzo alla foresta, e in un attimo trovi un villaggio pieno di gente, con abiti coloratissimi, sotto le tettoie di paglia che sono i loro "caffè". Qui, divisi in gruppi, con grandi pentoloni, bevono la birra di miglio. Intorno a grandi falò, vecchi e bambini si raccontano storie. Un gruppo suona altrove gli strumenti tradizionali. Un altro gruppo gioca a bocce lungo la strada.

Non mitizzo nulla, ben inteso. Penso solo che, arrivato al terzo millennio, l'homo "sapiens sapiens" dovrebbe aver imparato a discernere cosa prendere e cosa lasciare. Invece no. Si butta via il bambino con l'acqua sporca. Si cambia acqua, anche se ne arriva una inquinata.

"Sapiens" ... mi suona proprio come "Intelligence". Sappiamo quanti danni ha fatto e fa...

La pioggia sta diradando. Il nero si è fatto grigino. Tra poco potrò risalire sulla mia "mobilette".

Auguri a tutti, in questo mondo così difficile. Silvia.