Ramallah, 17 agosto 2003

Salve!

Anche ferragosto e' passato. Non che qui me ne sia accorta molto...

Pero' con l'arrivo dell'estate si sono anche visti arrivare tanti gruppi di solidarieta' e pacifisti. Circa dieci giorni fa, una cinquantina di questi sono stati arrestati dall'esercito israeliano (35 italiani). Manifestavano contro la costruzione del muro che circonda la Cisgiordania. C'e' un punto in cui (ne ha parlato anche al TG Paolo Longo) questo muro chiude una casa palestinese in modo tale che i suoi abitanti si trovano praticamente a dover chiedere il permesso ogni volta che vogliono mettere piede fuori, dato che da una parte hanno il muro, e dall'altra...un insediamento israeliano !!

Bah, speriamo che la Roadmap possa andare avanti, anche se e' davvero dura!

Oggi, anziche' scrivere io, vi voglio mettere di seguito gli scritti di uno di questi italiani solidali, che anziche' passare l'estate chesso' ...tra le discoteche riminesi, viene qui ad abbracciare come puo' la gente di Nablus.  Sono in molti, per fortuna (ma mai troppi!). Poche sere fa ho assistito ad un bellissimo concerto di un gruppo di 14 musicisti giovani, venuti dalla Francia, tutti bravissimi, che suonano nei teatri ma anche nei campi profughi. E' stato davvero bello, eravamo in un giardino, e il repertorio era un gran bel cocktail di musica classica e musica tradizionale araba.

Voglio mettere le righe scritte da Nathan, per farvi capire il sentimento di chi viene qui. Questa sensazione che va dalla tristezza al dolore, inevitabilmente, non solo per me. 

 

13/8/2003

Ieri non sapevamo ancora degli attentati e siamo andati al checkpoint di Beit 'Iba. Appena arrivati ci hanno detto che tutta Nablus era isolata, nessuno entrava e nessuno usciva, gente mezzi e ambulanze.

Le scene erano le solite, diverso questa volta il mio sentire. Invece della solita rabbia ho provato una grande pena che mi ha accompagnato fino al mattino.

Una grande pena,  vedere il soldato caricare il suo M16 e puntarlo su un piccolo gruppo, composto in gran parte da donne bambini e tre pacifisti internazionali.

Una grande pena, trovarsi ad arretrare frettolosamente insieme agli altri, insieme agli altri, senza paura ma con rassegnazione.

Una grande pena, per Mohammad che ha 6 anni,  per suo padre che lo porta in braccio e ci mostra un foglio di dimissioni dell'ospedale di Nablus. Sul foglio in inglese c'e' scritto che il bambino quella mattina e' stato operato di ernia inguinale, e si prega chi di dovere di farlo uscire da Nablus per ritornare al proprio villaggio.

Una grande pena, per noi che ci avviciniamo sorridenti al soldato dicendogli che sappiamo che il check point e' chiuso, che lui sta' facendo il suo lavoro, che pero' forse almeno questo bambino e suo padre potrebbero passare...

Una grande pena, tornare indietro con la coda tra le gambe e spiegare al padre che prima di sera non potranno ...

Una grande pena, vedere persone trattate come animali: venite avanti / andate indietro / adesso accovacciatevi nella polvere / porgete la zampa con la vostra I.D. card...

Una grande pena, anche per quel soldato giovane, sorridente e gentile nei nostri riguardi: "mi dispiace ma sono ordini" ... "il Napoli era una grande squadra quando c'era Maradona";  una bestia quado si rivolge ai palestinesi.

Che gli hanno fatto a questi giovani Israeliani? Come hanno fatto a convincerli che i Palestinesi non sono esseri umani? Come hanno fatto a trasformare ragazzi e ragazze all'apparenza normali in spietate macchina da guerra?

I kamikaze? La paura? Una strategia politica?

Io non lo so, guardo e mi interrogo.

Vedo dei ragazzi palestinesi: alcuni sono i ragazzi dello youth center, allegri e giocosi, altri li incontro per strada e mi mostrano le loro foto mentre imbracciano enormi fucili mitragliatori e sono sorridenti anche loro. Gli auguro buona fortuna e dentro di me spero che le loro foto non finiscano su uno dei tanti manifestini di martiri che tappezzano i muri di Nablus. Le foto sono uguali, le armi anche, cambiano solo le facce.

Vedo dei ragazzi israeliani: purtroppo la maggior parte di quelli che incontro sono militari armati di tutto punto, ma ho visto anche figli di coloni che aspettano l'autobus all'uscita degli insediamenti, ragazze in minigonna per le vie di Gerusalemme, addetti alla sicurezza con giubottino antiproiettile blu, all'uscita dei supermercati di Tel Aviv, adolescenti ingelatinati e tamarri nei bar di Jaffa road, ultraortodossi vestiti di nero con cappello e treccine.

Vedo dei ragazzi, non tanto diversi dai nostri. Non tanto diversi da me.

Li vedo e penso che forse domani saranno uccisi, o forse uccideranno qualcuno.

E provo una grande pena. Per loro. Per noi. E per il resto del mondo, che finge di non sapere, che preferisce guardare altrove.

Alle volte penso che il dio di tutta questa gente si e' dimenticato del suo popolo e della sua terra.

Nathan N.

 

Alla prossima. Silvia

 

© Silvia Montevecchi