La valle degli Elfi. Gli Elfi sono una
comunità di persone che da diversi anni hanno deciso di vivere facendo
i contadini, senza alcuno strumento meccanico e senza confort nelle loro
case (riscaldamento, elettrodomestici, tv...), ai modi di quella che
era la vita contadina più semplice, fino agli anni '50, negli
Appennini. La loro zona di insediamento è a circa 1000mt. di altezza,
nelle montagne pistoiesi. Su di loro sono apparse
pubblicazioni e ricerche, tra cui anche articoli sul giornale Terre di
mezzo. Sono in parte legati e si riconoscono su alcune caratteristiche
della rete degli Ecovillaggi (vedi nota[1]). Ho avuto la fortuna di
conoscerli nel 2001, sono andata a trovarli alcune volte, in
particolare ho un bellissimo ricordo di un giorno dell'Epifania, in cui
tutta la comunità festeggiava i propri tanti bambini, che per tutto il
giorno hanno giocato sulla neve. Vi si respira un'aria
molto rilassata, i boschi intorno sono bellissimi, e tra i bambini non
ho potuto non notare un grande senso di accoglienza verso i forestieri,
nonché di responsabilità: caratteristiche quasi estinte tra i bambini
di città. Gli Elfi fanno vita molto
riservata, non amano - giustamente - essere visitati con fare
"turistico", se non in vero spirito di amicizia e di scambio. Ho potuto conoscere la loro comunità tramite uno degli antesignani, che ringrazio, e del quale offro il racconto.
Silvia Montevecchi
intervista Fabio Piacentini, febbraio 2002.
La nostra storia, è nata
soprattutto in quanto non ci siamo ritrovati in questo tipo di società,
che è mascherata per essere una società del benessere, ma in realtà io
vedo tanta gente che sta male e in generale gente che non è rilassata,
non è felice. Così abbiamo cercato una soluzione alternativa, che se
vuoi diventa un po' un'isola felice. E' chiaro infatti che con il numero
di persone che c'è ora nel pianeta o anche solo in Italia, questo tipo
di vita non sarebbe possibile per tutti, soprattutto dopo che la gente
si è abituata a certe comodità. Oggi diamo per scontata
la luce elettrica, la televisione, e molte altre cose senza le quali
sembra impossibile vivere o divertirsi. Ci sono tante dipendenze, per
le quali oggi certamente il nostro tipo di vita non è adatto a tutti. Il nostro stile di vita
infatti implica che vi sia almeno un ettaro di terra per famiglia, da
coltivare. Una famiglia di quattro persone con un ettaro di terra può
vivere decentemente per tutto l'anno. Quando abbiamo
cominciato, lo consideravamo un esperimento, con cui dimostrare che si
poteva vivere senza le illusioni della società capitalistica. Ovviamente
per chi vuole. Poi però ciò che all'inizio era un esperimento è
diventato il nostro stile di vita.
S.M. Quanti eravate
all'inizio? come avete cominciato?
Beh, oltre a me c'era
Mario Cecchi; Alfio è stato uno dei primi ma viveva già in Umbria, in
un'altra realtà di case occupate e autogestite, tra Perugia e Orvieto.
Poi è venuto in valle. C'erano Antonio -spagnolo- e Anna -finlandese- e
diversi altri. Alcuni di quelli non vivono più con noi perché sono
andati in altre comunità. C'erano diverse persone di Bologna. Quando i primi, nel 1980,
hanno trovato questo posto, io ancora non c'ero; sono arrivato nel '84.
È cominciata perché alcuni ragazzi desideravano vivere in montagna, o
in campagna, insomma in mezzo alla natura, per sperimentare anche in
concreto alcune loro convinzioni. Essendo soprattutto figli di operai,
comunque di gente senza grosse possibilità economiche, non disponevano
di capitali per acquistare alcunché, e così un giorno hanno deciso di
occupare queste cascine vuote che sono poi diventate Gran Burrone. Era un villaggio abbandonato che stava crollando piano piano. I primi occupanti erano originari di Modena e di Vignola, e girando per gli Appennini quando trovarono questo villaggio si dissero "qui, o ci veniamo noi, o crolla!".
S.M. Ma questo villaggio
era del demanio o aveva dei proprietari?
No no, non era demaniale,
ma se lo fosse stato sarebbe stato peggio. A quell'epoca infatti
funzionava così: se si occupava una casa e il proprietario faceva
denuncia entro un mese, allora si doveva sgomberare subito. Ma se non
c'era alcuna
denuncia nel giro di un
mese, allora si avviava tutto un iter burocratico con processi e cavilli
vari per cui potevano passare anni prima che si venisse completamente
sfrattati. Nel nostro caso, il
villaggio era del tutto abbandonato, i proprietari non ne avevano cura
per niente, non c'andavano male. Quindi solo dopo dei mesi vennero a
sapere che dei giovani lo avevano occupato. Allora vennero a vedere e si
resero conto che a mandarli via sarebbero state più le beghe e le spese
che non i vantaggi, così hanno lasciato cadere la cosa. A quel punto
gli occupanti firmarono un documento per i proprietari nel quale si
assumevano tutta la responsabilità di qualunque cosa fosse accaduta. Dopo poi è arrivata un
bel po' di altra gente, perché quell'epoca era un discorso che diciamo
così "tirava". Così nel giro di poco tempo sono state occupate altre
case, come Casa Sarti e Casa Balli. Le situazioni erano sempre diverse:
in un caso la proprietà era demaniale, in un altro caso si è concordato
l'affitto con i proprietari. Gran Burrone poi, passati vent'anni di
occupazione, non appartiene più ai vecchi proprietari. Non è neppure
nostro, ma ne abbiamo l'usufrutto, perché da oltre vent'anni ci viviamo
e lo abbiamo restaurato e conservato, così pure come abbiamo curato i
boschi e i campi intorno. Ora Gran Burrone è un po'
la "scuola" per il nostro stile di vita. Il posto in cui arrivano i
giovani, ogni 4-5 anni c'è un riciclo! Poi quando si fanno i bambini e
si diventa un po' più vecchi, ci si sposta verso casa Sarti, e così
via. A me questo fa piacere, perché in fondo Gran Burrone era nata per
quello. Casa Balli invece c'è
stata data con regolare affitto, che scade ogni dieci anni. Se per caso
i proprietari decidessero di non rinnovare il contratto, noi saremmo
costretti a comprare, cosa che comunque ci va anche bene. Comunque non
vorremmo andarcene. Casa Sarti è stata
occupata nell'84 per evitare un affare miliardario, una speculazione da
parte di alcuni privati. Io sono arrivato nel mese di agosto di
quell'anno. I mezzi per farci sgomberare ce li avevano, ma capirono che
non avevano convenienza, e ci hanno lasciato in pace per un po'. Dopo alcuni anni che
molti di noi ormai vivevano nelle diverse case, abbiamo avuto il
problema della residenza, e finalmente siamo riusciti a risolverlo
quando nell' 84 è nato il primo bambino. Io ho avuto della residenza in
valle nel '86. Nell' 88 una cooperativa di cacciatori tentò di mandarci
via, per fare dei lavori per una loro altra speculazione, ma anche in
quel caso siamo riusciti a vincere noi. Per fortuna, perché il
progetto che avevano sarebbe stato un disastro ecologico! Ci furono momenti di
grossa tensione, anche con le forze dell'ordine. D'altra parte, la
difesa della natura spesso comporta una vera e propria lotta, perché
c'è gente senza nessuno scrupolo chi distruggerebbe qualunque cosa, per
i propri interessi. Noi forse siamo un po' integralisti, ma lo facciamo
per difendere un bene che in fin dei conti è di tutti. Alla fine di questo episodio, la nostra credibilità tra la gente dei dintorni era molto aumentata. Non eravamo più solo i "soliti capelloni scapestrati", ... che non hanno voglia di lavorare, ecc. ma gente determinata, che conosceva le leggi che ci riguardavano. Molti di noi poi all'epoca erano freschi di laurea, e ci sentivamo quindi più forti noi rispetto a tanti ignorantoni del paese, che magari ricoprivano anche cariche pubbliche. Insomma fu una bella vittoria, così ci fu data casa Sarti in affitto, con il contratto regolare delle case demaniale. In quella terra per esempio noi possiamo tagliare il bosco solo ad uso familiare, non per farne commercio. Per fare questo ci vorrebbe la regolare autorizzazione della comunità montana. Ma questo non ci interessa. Noi non vogliamo vivere "sfruttando" le risorse naturali. A noi basta l'autosufficienza alimentare.
Ecco, questi sono stati
gli inizi della Valle degli Elfi. Da quel momento in avanti abbiamo
cominciato a costruire, e lavorare anche all'esterno per fare un po' di
soldi con cui comprare il materiale necessario per le case. Il nostro
cavallo di battaglia a quell'epoca era di non chiedere finanziamenti a
nessuno per poi non essere in debito con nessuno. Ci avremmo messo più
tempo a fare le cose ma almeno ci saremmo sentiti più liberi. In
effetti è andata proprio così e siamo stati contenti della scelta fatta. Questo adesso sta un po' cambiando. Tutto si evolve, anche nella nostra valle. Arrivano anche persone che la pensano diversamente. Io sono sempre dell'avviso che preferisco l'autonomia e non chiedere contributi, però non sono da solo ovviamente, e ci sono persone che invece i contributi al comune li hanno chiesti. Oggi del resto abbiamo anche più esigenze. Siamo più numerosi, le case degli elfi anche sono diventate numerose. Anni fa eravamo quattro villaggi, oggi ci sono anche diverse case familiari. Quindi, chiaro, sono cambiate diverse cose. Dal momento in cui siamo
riusciti ad essere un po' più in pace dal punto di vista legale, siamo
riusciti ad organizzare anche diverse feste-incontro. Momenti di
socializzazione con la gente esterna. "Di tutto un po', e
sempre fatto con amore". Questo era il nostro slogan! Infatti a quelle feste
invitavamo tutti: ...Hare Krishna, Comunione e Liberazione,
anarchici...tutti! Noi non facevamo un discorso
politico, ma di rapporto con la natura. La nostra filosofia quindi era
"lavoriamo per stare bene insieme".
Tra il 1999 e il 2001, io
mi sono un po' tirato fuori dall'associazione degli elfi, perché non mi
ritrovavo più in alcune scelte, come appunto quella di chiedere
finanziamenti al comune. Così mi sono allontanato, però ...sono stato
malissimo! Figurati poi, dalle montagne toscoemiliane, mi sono ritrovato
in Lombardia, con una difficoltà enorme nei rapporti sociali. Mi è
sembrato di ritrovarmi in mezzo agli extra terrestri, agli alieni,
anche se poi in realtà l'extraterrestre ero io rispetto agli altri.
Così mi sono reso conto che nonostante le difficoltà che avevo con
l'associazione degli elfi, in realtà quella era comunque la mia vita.
Preferivo eventualmente fare le mie battaglie all'interno
dell'associazione, piuttosto che fuori. Così sono rientrato. Fra noi il termine
fratellanza ha un significato vero. È una cosa che sentiamo realmente.
Ci sentiamo come una grande famiglia. Quindi anche se uno di noi se ne
va per un periodo, è considerata una cosa normale. Si va e si ritorna,
proprio come in una famiglia. Nel frattempo tutta la
comunità è cresciuta molto. Ci sono anche famiglie che comprano casa
vicino a noi, anche se non fanno la nostra scelta totalizzante, ma
mantengono il loro lavoro in città, e vengono fra noi quando possono.
Cercano comunque di vivere con uno stile un po' diverso da quello che la
società dei consumi sembra imporre.
S.M. Come e perché vi
siete poi costituiti in associazione? All'inizio non volevamo
saperne di costituirci in associazione, volevamo evitare qualunque
politicizzazione e anche burocratizzazione. Poi però siccome tra di noi
vi erano molti stranieri, queste persone ogni sei mesi circa dovevano
lasciare l'Italia perché non avevano la possibilità di dimostrare
alcune attività lavorativa. Così, per favorire gli stranieri, ci siamo
costituiti in associazione. In pratica era l'associazione che
ufficialmente forniva loro il lavoro, e si faceva carico anche delle
abitazioni e di tutto necessario per avere il permesso di soggiorno.
Ora per fortuna questo problema non c'è più per quelli che fanno parte
dell'unione europea, mentre abbiamo due ragazze svizzere che ancora
devono periodicamente lasciare il paese e andare in questura a
rinnovare il permesso di soggiorno. Questa dunque è stata la
molla iniziale, ma l'associazione poi ci è stata utile in molte altre
cose. In alcuni casi, è stata un punto di riferimento per aiutare delle
persone in difficoltà. Siamo stati riconosciuti come organizzazione
ufficiale, non solo come un gruppo di persone o "quattro capelloni allo
sbando"! Ufficialmente
l'associazione è nata nel '86, poi quando sono cambiate le leggi sul no
profit, anche noi abbiamo dovuto cambiare alcune parti dello statuto.
Noi siamo nati fin dall'inizio come associazione senza alcun fine di
lucro, ma abbiamo dovuto mettere sulla carta gli organi ufficiali
(presidente, vicepresidente, consiglieri...) anche se nella realtà da
noi ogni decisione viene presa nell'ambito del "cerchio". Ora tutte le persone che
sono residenti in Valle, sono automaticamente parte dell'associazione,
e casa Sarti è la sede legale del Popolo Elfico della Valle dei Burroni. Che nome eh? Un po' lungo! Ok,
facciamo una digressione e ti spiego il perché di questo nome. All'inizio certo eravamo
un po' più romantici di adesso, e avevamo messo a questi posti dei nomi
presi dal libro "Il signore degli anelli". Gran Burrone nel libro è
l'ultima casa ospitale prima delle "terre selvagge". E noi... ci
consideravamo l'ultima casa ospitale rispetto a quella che, in questa
società, consideriamo la terra selvaggia, dove tutti sono contro tutti. Da lì è successo che gli
altri, più di noi stessi, hanno cominciato a chiamarci elfi. A noi è
andata bene, ci piaceva la mitologia tolkyeniana! Questo ha creato anche su
di noi un'aura mitica: spesso la gente viene qui pensando davvero di
trovare degli elfi! Poi si stupisce perché vede le persone normali. Non
abbiamo le orecchie a punta e non abbiamo poteri magici! Siamo solo
esseri umani e cerchiamo di vivere secondo quelle che sono le nostre
convinzioni. Viviamo in una maniera molto arcaica, in confronto alla
tecnologia di oggi. Ma lo facciamo per scelta, non per ignoranza.
S.M. Mi parli di quelli
che sono i principi dell'associazione? Innanzitutto la tutela
del territorio e della natura, e quindi anche una sensibilizzazione al
rispetto della natura e alla coscienza ecologica. Noi partiamo dal
presupposto che la gente che non rispetta la natura, non lo fa per
cattiveria ma piuttosto per ignoranza. Per questo cerchiamo di
diffondere una sensibilità sul rapporto con la natura, non tanto sul
piano filosofico, quanto su quello strettamente ecologico. Quindi anche
informazioni molto terra terra. Da questo punto di vista, non ci
ritroviamo politicamente con nessun partito. Infatti non possiamo dire
che l'ecologia sia di destra o di sinistra. E del resto non è neppure
automatico che chi è di sinistra sia più ecologista di chi è di destra,
ecc. anzi. Ho visto tanta incoerenza in tanta gente. Noi cerchiamo di
fare emergere il fatto che per avere delle comodità la nostra società
avvelena il pianeta, e lo distrugge. Per esempio, mi sono
molto ritrovato su alcune cose che tu scrivi nel tuo libro " il sogno
ostinato ", quando parli della nostra opulenza e della miseria di tanti
africani, e ti chiedi il perché di tutto questo. Secondo me l'origine
di tutto sta proprio nel nostro sperpero, che poi genera la società del
mal-essere di cui parlavo all'inizio.
S.M. Senti, ora ti chiedo
una cosa a titolo anche di riflessione personale. Visto che questo
malessere, e lo spreco della nostra società, negli anni sono sempre più
aumentati, non ti sembra che questo tentativo di sensibilizzazione e di
convincimento sia ormai una battaglia persa? Perché questa è la mia
sensazione. Soprattutto dopo che nel mondo ho visto tanta sofferenza,
tanto orrore. A un certo punto ho sentito il bisogno di ritirarmi, con
l'impressione che nulla potesse più servire ad alcunché. Ho deciso di,
come si dice, "tirare i remi in barca", almeno per un periodo. Ho
conosciuto le guerre più cruente del mondo, le dinamiche del turismo
sessuale, la violenza sui bambini,... insomma ho visto tanto schifo che
a un certo punto mi sono detta "basta, non ce la faccio più, e mi
sembra che nulla abbia più senso". Dovunque andiamo, troviamo
un'infinità di cemento, la bellezza che avevamo è stata distrutta. Non
mi sembra più che questo mondo possa essere cambiato in meglio, ormai è
stato disfatto. L'Italia poi è cementificata in modo allucinante, ma
ovunque vai, anche nelle zone più sperdute del mondo, ormai trovi le
antenne paraboliche, le stesse pubblicità, le stesse cose da mangiare, ... tu invece ti poni ancora positivamente, come se
delle possibilità ne sentissi ancora.
Si. Beh, come si dice,
"l'ultima a morire è la speranza" ! Dovrei proprio essere circondato da
funghi nucleari, per pensare che anche la speranza è morta. Oltre a
ciò, emerge anche la nostra dimensione sacra e religiosa. Noi adoriamo
la terra che sentiamo davvero come dea-madre. Come un essere vivente e
pensante. Consideriamo l'umanità come dei parassiti, e pensiamo che la
terra prima o poi... utilizzerà l'antiparassitario! Lo ha fatto nel
passato e lo farà ancora. Al di là di questa convinzione filosofico-
religiosa che abbiamo, siccome non siamo fatalisti ma abbiamo i piedi
per terra, cerchiamo per il momento di convincere la terra a non fare
ancora uso di insetticida! E come fare? Cerchiamo di inquinare meno
possibile, e fare invece tutto ciò che possiamo per evitare una tale
reazione del pianeta. Condanniamo la società occidentale perché siamo
convinti che se in Africa e nei paesi del cosiddetto terzo mondo c'è
tanta miseria, è per permettere a noi occidentali la nostra opulenza,
le nostre comodità. Se noi possiamo avere una
macchina, il computer, il videoregistratore, il DVD, da PlayStation,
... se possiamo avere tutto ciò che ci va di avere, è perché le risorse
del mondo non sono equamente distribuite, e quindi noi stiamo mettendo
alla fame una gran parte della popolazione del pianeta. Questa è una
nostra assoluta convinzione, e per questo evitiamo tanta tecnologia che
riteniamo inutile per la nostra sussistenza. Quello che tu hai
vissuto, sicuramente è stato molto forte. Ci sono stati molti momenti
in cui, leggendo il tuo libro, a me è venuto il magone. E se io mi
commuovevo solo leggendo, mi sono chiesto cosa dovevi provare tu che in
quelle situazioni. Quindi penso di capire abbastanza bene quello che
provi. Probabilmente è normale che tu sia molto più disillusa di me e
più pessimista. Io non ho vissuto situazioni estreme di violenza. Non
ho mai visto guerre, o bambini morire. Penso che io non potrei mai fare
lavoro che hai fatto tutto, anche perché forse non riuscirei più ad
essere tanto pacifista!
S.M. Mi puoi approfondire
il discorso sulla vostra dimensione religiosa?
Sì, naturalmente ti parlo
a titolo personale, come per tutte le cose che ti ho detto fino qui. La mia spiritualità nasce
senz'altro da un'educazione cristiana, come la maggior parte di noi
nati e cresciuti in Italia. Anche se non ho mai avuto simpatia per
l'apparato ecclesiastico. Ho sempre avuto invece una grande passione per
la figura di Cristo, anche perché tutte le cose che afferma il Vangelo
sono bellissime. Purtroppo, non ho mai trovato tanto riscontro fra le
parole di Cristo e la loro attuazione nella vita di tanti cattolici.
Fin da ragazzino quindi non mi sono ritrovato nelle frequentazioni
della Chiesa cattolica e ho passato un lungo periodo di ateismo, pur
sentendo una profonda dimensione spirituale. Non ho mai pensato che la
nostra vita sia solo materia, che poi muori e tutto finisce lì. Ad un
certo punto, sempre con i piedi di piombo, mi sono un po' buttato nella
conoscenza delle religioni mistiche orientali, ma non ho mai deciso di
aderire ad un'altra religione. Penso che s'era destino che fossi
buddista... sarei nato in Cina! Si sono nato in Europa, ti piacerebbe
ritrovare le mie radici culturali. Così verso i 16-17 anni, ho
cominciato ad interessarmi di quelle che erano le religioni pagane, le
religioni delle popolazioni europee autoctone prima dell'avvento del
cristianesimo. Pur non approvando molti riti pagani, ho trovato però in
quelle religioni molti aspetti affascinanti. Ho ricercato libri di
storici e antropologi, e mi sono appassionato. Mi sono innamorato della
figura della terra come dea madre, colei che accudisce a tutti,
indiscriminatamente. La terra dà da mangiare tutti, bianchi e neri,
indipendentemente dalle loro idee e convinzioni. Qualsiasi mano ponga un
seme, lei lo accoglie e lo fa germogliare.
S.M. Ma al di là di
questo amore per la terra, tu senti o riconosci l'esistenza di Dio?
Mah... io sento
soprattutto la terra come elemento generatore, non sento un'entità
divina. Sento l'energia della terra, come una corrente, la sento
palpitare. Del resto queste sono cose esistenti, che vengono studiate
da molti ricercatori: le forze elettromagnetiche, etc. Faccio fatica a
sentire Dio e pensarlo come colui che ha originato l'universo. Non dico
che non esista. Dico che io faccio fatica a percepirlo. Forse qualcuno
che ha una vita spirituale più profonda o più alta della mia riesce a
sentirlo. In ogni caso, non mi
ritrovo in nessuna delle grandi religioni esistenti, né monoteiste né
politeiste. Quelli con cui mi ritrovo di più eventualmente sono i
popoli animisti, proprio perché il loro rapporto è con le forze della
natura. Da questo punto di vista
l'esperienza di Findhorn per me è bellissima, è senz'altro uno dei
posti in cui prima o poi spero di andare. Ma sai com'è... con il nostro
tipo di vita, è davvero difficile avere soldi da spendere i viaggi! Anni fa passai sei mesi in centro America con 1500 dollari. Ci sono riuscito perché vivevo con gli indios, come loro. Sono tornato a casa e avevo ancora 100 dollari!
NOTA AGGIUNTA IN APRILE 2009: MOLTISSIME
PERSONE MI SCRIVONO CHIEDENDOMI COME RAGGIUNGERE LA VALLE DEGLI ELFI, COME
VISITARLI, INTERVISTARLI ECC. NON POSSO DARVI NESSUNA NOTIZIA IN PIU' RISPETTO A QUANTO GIA' CONTENUTO IN QUESTO PEZZO, CHE DEL RESTO RISALE AL 2002. DA ALLORA IO NON HO PIU' AVUTO CONTATTI CON FABIO NE' CON ALTRI DELLA VALLE. GRAZIE. SILVIA [1] Su questo tema, il libro a cura di G.Capriolo e Barbara Narici “ECOVILLAGGI. Una soluzione per il futuro del pianeta?”, 1999, edizioni GB, via Marzolo 15/b, 35131 Padova, tel. 049.772252. Si veda inoltre il sito di uno dei primi ecovillaggi www.findhorn.com nel quale si potranno trovare numerosi altri link. E per l’ecovillaggio di Jacopo Fo: www.alcatraz.it
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©SilviaMontevecchi